Dogaressa o Ducissa?

Sappiamo tutto o quasi dei dogi che ha avuto Venezia nel corso della sua storia  ma per ciò che riguarda le loro mogli le notizie sono incerte e frammentarie, soprattutto per le dogaresse dei primi secoli. All’inizio è semplicemente la moglie del principe ma col tempo assume il titolo di ducissa e poi di dogaressa.

I dogi furono 120 mentre le dogaresse solo 62. Questa differenza è dovuta al fatto che alcuni dogi non si sposarono, mentre altri rimasero vedovi prima di essere eletti. Alcune di esse hanno avuto un ruolo importante, seppur sempre discreto, come consigliere e collaboratrici.

All’inizio le dogaresse sono spesso principesse straniere perché i matrimoni sono combinati, studiati per rafforzare alleanze con stati stranieri in un delicato gioco di equilibri politici. Man mano questo aspetto perde d’importanza e nei secoli successivi per i dogi vi fu l’obbligo, non sempre rispettato però, di essere sposati ad una nobildonna appartenente all’aristocrazia veneziana. 

Cerimonia d’incoronazione

Anche se sarebbe più corretto definirla cerimonia di insediamento, è in ogni caso un avvenimento solenne e ufficiale, che fu codificato a partire dal XIV secolo. Una cerimonia particolarmente fastosa fu quella di Zilia Dandolo, moglie di Lorenzo Priuli, protagonista della celebrazione del 18 settembre 1557.

Le cronache dell’epoca descrivono il Bucintoro con a bordo la Signoria e sessanta senatori che accosta alla riva di palazzo Priuli, ornato di tappeti d’oro e di seta dorati. Lei Indossa un abito d’oro, un velo bianco che le scende sulle spalle. Sale a bordo e prende posto sul trono, e il suo arrivo in piazza san Marco è annunciato dal suono delle campane.

Accompagnata da un corteo di duecento gentildonne, che indossano gioielli preziosi ed abiti di raso e damasco. Sotto un enorme ombrello foderato di panno d’oro si reca in basilica per la cerimonia solenne e infine può fare il suo ingresso a Palazzo Ducale. 

Quarant’anni dopo fu la volta di Morosina Morosini, la cui incoronazione avvenne il 4 maggio del 1597, due anni dopo l’elezione a doge del marito Marino Grimani. Anche in questo caso è il Bucintoro che va a prenderla a palazzo, ma stavolta le gentildonne che l’accompagnano sono quattrocento, vestite di abiti di seta bianca e argento. 

Il corteo di barche e gondole che sfila lungo il Canal Grande è accolto da musiche e campane, e le rive e le fondamenta sono gremite da una folla festante. Al suo arrivo in piazza san Marco la consueta cerimonia in basilica precede l’ingresso nella sala del Maggior Consiglio, a cui seguono balli, banchetti, regate, tornei. 

Teodora, l’ultima dogaressa straniera

Figlia di Costantino Ducas, imperatore di Costantinopoli, fu l’ultima principessa straniera a diventare dogaressa. Il suo matrimonio con il doge Domenico Selvo fu combinato per intensificare i rapporti tra Venezia e l’antica Bisanzio.

Teodora fece scandalo per i suoi comportamenti giudicati non solo bizzarri ma addirittura peccaminosi: profumava d’incenso le stanze in cui viveva, si lavava con acque profumate e si faceva tagliare il cibo in pezzi che portava alla bocca con una forchetta d’oro.

Giovanna Dandolo e il merletto di Burano

Moglie del doge Pasquale Malipiero, il cui dogado va dal 1457 al 1462. Secondo la tradizione fu lei che diede forte impulso allo sviluppo della lavorazione del merletto, che acquisterà sempre maggior importanza per l’economia veneziana e che divenne in seguito una vera e propria industria grazie ad un’altra dogaressa, Morosina Morosini moglie del doge Marino Grimani.

I laboratori artigianali di merletto nascono all’interno dei palazzi nobiliari diffondendosi poi in tutti quegli istituti che accoglievano donne in difficoltà dando loro un’opportunità per lavorare in cambio di vitto e alloggio. Un’arte che si sviluppò in tutta la laguna con varianti in uso nelle diverse località. Burano era famosa per l’utilizzo dell’ago, Chioggia per il telaio mentre Pellestrina per i fuselli.

Elisabetta Querini Stampalia

Moglie di Silvestro Valier, che fu doge dal 1694 al 1700, e nuora di un altro doge, Bertuccio Valier. Donna generosa e caritatevole, si occupò della gestione di ospiti e istituti di assistenza. Alla morte del marito seguì personalmente lavori che portarono alla realizzazione del grandioso monumento funebre di famiglia, opera in stile barocco di Andrea Tirali, che si trova all’interno della basilica dei Ss. Giovanni e Paolo

Pisana Corner e i sei figli Alvise

È la moglie del doge Alvise Mocenigo IV, l’ultimo dei sette di questa che fu la famiglia che ebbe più dogi in tutta la storia della Repubblica di Venezia. Degli otto figli, i sei maschi hanno tutti lo stesso nome, cioè Alvise. Questo perché una particolare clausola testamentaria prevedeva che il patrimonio della famiglia Mocenigo potesse essere ereditato solo dai figli con questo nome.

Possiamo vedere ancora oggi il suo ritratto appeso alla parete di una stanza di palazzo Mocenigo, che prima di diventare la sede del Museo e del Centro studi di storia del tessuto, del costume e del profumo era la residenza di questa nobile famiglia.  

Margherita Dalmet, la dogaressa ballerina 

Seconda moglie di Paolo Renier, doge dal 1779 al 1789. Delle sue origini poco si sa: chi afferma fosse una povera bimba che il futuro doge conobbe in un scuola cattolica a Costantinopoli alla quale decise di dare un futuro ed un’istruzione portandola con sé a Venezia. Chi invece sostiene fosse una ballerina arrivista ed opportunista. 

In ogni caso, non facendo parte della nobiltà veneziana, non fu necessario riconoscerle nessun ruolo e in tutti quegli anni visse lontana dalle cerimonie ufficiali. Il suo posto fu quindi preso da una nipote del doge che divenne la dosetta, la brillante Giustina Renier Michiel, autrice del libro Origine delle feste veneziane.

 

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