Le prigioni di Palazzo Ducale

Le origini di Palazzo Ducale si perdono nella notte dei tempi, in quei primi secoli della storia di Venezia di cui ancora oggi abbiamo notizie per certi versi vaghe e confuse. Una cosa certa però è che le prigioni furono presenti al suo interno fin dalle origini, e già dal Medioevo c’erano delle celle sia al piano terra, i Pozzi, che nel sottotetto, i Piombi.

A quei tempi la situazione a Palazzo Ducale doveva essere tutt’altro che semplice da gestire, con una promiscuità che a noi oggi risulta difficile anche solo da immaginare. Nello stesso luogo convivevano prigionieri rinchiusi in celle maleodoranti e sovraffollate, che non perdevano occasione per urlare il proprio dolore e la propria sofferenza ai nobili e ai funzionari che a palazzo si recavano al lavoro, e al Doge e alla sua famiglia che qui ci abitava.

I Pozzi

Erano le prigioni che occupavano il piano terra ed il mezzanino. Di competenza del Consiglio dei Dieci, un organo di governo incaricato della sicurezza della Repubblica e che per le proprie indagini usava anche le denunce raccolte dalle bocche di leone, bassorilievi con una fessura dove chiunque poteva inserire una denuncia che veniva poi letta e valutata dalla magistratura competente.

Si chiamavano così perché erano anguste, strette, umide e quasi prive d’aria e di luce. Le volte erano talmente basse che i prigionieri non riuscivano a stare in piedi. Trovandosi a piano terra erano periodicamente invase dall’acqua quando c’era l’alta marea. Essere rinchiuso qui significava essere sepolto vivo.

I Piombi

I Piombi invece erano le celle che si trovavano nel sottotetto. Il nome viene dal rivestimento del tetto fatto con lastre di piombo, che comporta temperature rigide d’inverno e roventi d’estate. Ciononostante, era preferibile essere rinchiusi qui rispetto ai Pozzi.

Infatti, e non a caso, queste prigioni erano di solito occupate da nobili, ecclesiastici e persone in genere ricche, condannati per reati meno gravi rispetto agli omicidi o a quelli contro lo Stato. L’ospite più famoso di tutti i tempi, Giacomo Casanova, fu rinchiuso qui grazie alle sue conoscenze e per il fatto di aver commesso reati minori.

I Piombi sono visitabili ancora oggi, con un percorso di visita organizzato da Palazzo Ducale e svolto da guide interne che si chiama Itinerari segreti e che si può prenotare sul sito ufficiale. 

Le prigioni Nuove

La presenza di numerose celle sia a piano terra che nei sottotetti di Palazzo Ducale, perennemente sovraffollate,  comportava numerosi problemi di convivenza. Questa situazione critica durò a lungo ma finalmente arrivò il momento in cui decise di costruire il palazzo che accolse le prigioni Nuove.

Nonostante l’urgenza i lavori durarono quasi un secolo ma alla fine del Cinquecento l’edificio era pronto. Oltre agli ambienti utilizzati dalla Santa Inquisizione veneziana c’erano quelli per i Signori di notte al criminal, i magistrati responsabili dell’ordine pubblico durante la notte, dei reati di furto e degli omicidi.

Quando si visitano le prigioni Nuove si vedono celle ampie, con numerose finestre che consentivano il ricambio d’aria e una buona illuminazione, migliorando molto le condizioni di vita dei detenuti. Ogni ambiente era rivestito con tavole di legno inchiodate alle pareti e sul pavimento, che se da un lato assorbivano l’umidità ed evitavano il contatto diretto con la pietra fredda, dall’altro favorivano la presenza di parassiti, cimici e pulci.

La cosa più interessante di questo progetto, che ci conferma quanto fosse all’avanguardia Venezia in questo senso, è che rappresenta uno dei primi esempi in Europa di edificio concepito e creato apposta allo scopo di ospitare una prigione di Stato.

Il ponte dei Sospiri

I sospiri che danno il nome a questo ponte, uno dei più celebri della città, non sono certo quelli degli innamorati. Al contrario, il riferimento è ai poveri disgraziati che lo attraversavano per essere condotti all’interno delle prigioni Nuove e dalle cui aperture potevano intravedere per l’ultima volta la città.

Il nome ponte dei Sospiri viene utilizzato a partire dalla fine del Settecento, dato che in precedenza era semplicemente il ponte delle prigioni. È in pietra d’Istria ed elegantemente decorato nello stile barocco che sarebbe andato molto di moda nel Seicento.

Il progetto è di Antonio Contin, nipote del famoso Antonio da Ponte, l’architetto del ponte di Rialto. È il collegamento aereo tra il Palazzo Ducale e le prigioni Nuove, e per questo è coperto e chiuso ai lati: per evitare che un condannato potesse rischiare il tutto e per tutto gettandosi sul rio sotto di lui come ultimo tentativo di fuga prima di essere rinchiuso in prigione.

Lo si attraversa in entrambi i sensi durante il percorso di visita classico di Palazzo Ducale. Da non perdere il panorama verso sud che si intravede dalle aperture della copertura laterale nel passaggio di ritorno, con una splendida vista sul bacino di san Marco e sulla basilica di san Giorgio.

Galere, galee e galeotti

È solo nel Cinquecento che Venezia inizia a considerare l’idea di usare i propri condannati come rematori nelle galee, in ritardo rispetto a quanto accade negli altri paesi europei. La diffidenza nasceva da una mancanza di fiducia verso i prigionieri e per il ruolo determinante dei rematori che erano il motore delle navi della sua flotta.

La scelta di usare i galeotti si dimostrò comunque vantaggiosa perché permise di raggiungere due scopi: diminuire l’affollamento nelle carceri e trovare a buon mercato numerosi rematori in un momento in cui i volontari al remo scarseggiavano sempre di più. Un anno al remo a bordo di una galea corrispondeva a due anni di prigione.

Giacomo Casanova e la sua fuga dai Piombi

Le prigioni veneziane erano all’epoca un carcere di massima sicurezza, e la notizia della fuga di Giacomo Casanova si sparse velocemente fuori dai confini della Serenissima facendo di lui un ricercato speciale. Il giovane veneziano fu incarcerato il 26 luglio del 1755 e riuscì a fuggire la notte del 31 ottobre 1756, assieme ad un complice.

Attraverso un foro nel soffitto raggiunse il tetto e poi da lì la corte di Palazzo Ducale da dove si fece aprire la porta da un guardiano prima ancora che questi capisse cosa ci facessero due uomini in quel posto all’alba del giorno di Ognissanti. Un’evasione studiata per mesi, dopo un primo tentativo che non riuscì per pochissimo.

Da lì fuggì verso la terraferma ed iniziò un viaggio che lo portò in tutta Europa, da Parigi ai Pirenei a San Pietroburgo, nell’attesa di ricevere la grazia che arrivò dopo ben diciannove anni. Qualche anno dopo scrisse un libro intitolato ‘Storia della mia fuga dai piombi‘ che inserì in un secondo tempo all’interno della sua autobiografia.

 

 

La visita alle prigioni Nuove fa parte del percorso classico delle visite guidate a Palazzo Ducale.  E se vuoi ricevere ogni mese le mie proposte non dimenticati di iscriverti alla mia newsletter.