San Giorgio e il drago di Carpaccio: la lotta tra il bene e il male

Carpaccio pittore di storie fantastiche

I teleri del Carpaccio hanno la straordinaria capacità di farci viaggiare verso terre straniere. Il suo pennello disegna paesaggi lontani, animali fantastici, architetture fiabesche che sono il frutto della sua fantasia che si fonde e si mescola con i racconti dei veneziani suoi contemporanei.

Infatti, pur non avendo mai viaggiato molto lontano da Venezia, poteva attingere con entusiasmo da tutti i racconti dei veneziani dell’epoca, ed erano tantissimi, che quelle regioni le avevano viste con i propri occhi descrivendole al loro ritorno a casa.

I teleri che possiamo ancora oggi ammirare all’interno della piccola Scuola Dalmata di San Giorgio si caratterizzano per una straordinaria densità simbolica, in cui il nostro sguardo scorre da un particolare all’altro scoprendo tanti piccoli dettagli che rendono queste opere molto diverse ed originali rispetto a quelle degli artisti suoi contemporanei.

Il più famoso è San Giorgio e il drago, che ritrae un giovane cavaliere misterioso nel momento dello scontro con il terribile mostro. Non si tratta solo di un combattimento tra il protagonista es il suo nemico ma della rappresentazione di una metafora della lotta tra il bene e il male.

San Giorgio e il fascino dell’eroe solitario

Chi non conosce la storia di San Giorgio e del suo destriero? Secondo la Legenda aurea dobbiamo arrivare fino a Selene, una città della Libia terrorizzata da un drago che esigeva ogni giorno una giovane vittima umana per placare la sua fame. Arriva il momento in cui il tragico destino tocca alla figlia del re, che si presenta dal mostro per essere divorata.

Senonché, di passaggio da chissà quali terre lontane, arriva un coraggioso cavaliere cristiano che sfida il drago ferendolo mortalmente con la sua lancia. Il Carpaccio, in questo telero, ci mostra che il colpo è stato così violento da spezzare l’arma pur senza romperla, proprio nel momento in cui trapassa la testa del drago.

Il corpo di San Giorgio sembra quasi immobile, come un fermo immagine nel momento in cui il fendente sprigiona tutta la sua forza e la sua energia mortale. Il solo accenno di movimento è dato dai biondi capelli morbidi, svelati da un elmo che non c’è, in contrasto con la rigida e lucente armatura che avvolge e protegge tutto il suo corpo.

Una volta liberata la principessa dal suo crudele destino, la riporterà nella sua città in festa e dai suoi genitori ai quali chiederà, come ringraziamento e riconoscimento in cambio del suo gesto, la conversione al cristianesimo di tutta Selene. Subito dopo sarà pronto per ripartire per un’altra avventura.

Non è quindi previsto nessun matrimonio con la bella principessa, perché la conversione al cristianesimo da parte degli infedeli era in quel momento la priorità. Nessun matrimonio quindi, nessun finale romantico perché San Giorgio non è un eroe per amore, ma un cavaliere errante eroe dell’epica cristiana.

La lotta tra il bene e il male nella Venezia di Carpaccio

Per comprendere meglio il messaggio contenuto all’interno del telero di San Giorgio che uccide il drago, proviamo ad immedesimarci per un attimo nella testa dei veneziani del tempo.

Siamo all’inizio del Cinquecento, e i Turchi continuano ad essere una minaccia per Venezia e i suoi possedimenti nel mare Mediterraneo. E, in quanto musulmani, anche per tutta la cristianità.

Queste tensioni che sfociano spesso in lunghe guerre, vengono qui rappresentate come un contrasto all’interno del quadro, che viene diviso in due settori utilizzando l’albero al centro come confine tra gli spazi.

La parte sinistra dell’albero ha rami secchi e spogli, e in secondo piano si vedono edifici di fantasia mescolati ad altri realmente esistenti, che ricordano il lontano Oriente pagano, gli infedeli. Quella di destra ha rami ricchi di foglie a cui corrisponde una zona dove c’è, in lontananza, un edificio religioso più vicino all’Occidente come struttura.

E la principessa pagana dov’è? Essendo la figlia del re di Selene ci si immagina di doverla trovare a sinistra, assieme alla sua famiglia e alla sua gente. Invece Carpaccio la dipinge a destra, con le vesti, l’acconciatura e i gioielli di foggia occidentale e l’atteggiamento che ricorda la Vergine Maria, con le mani giunte.

Sembra in attesa del risultato ma il suo sguardo per nulla preoccupato ci fa capire che sa già come andrà a finire. Ha capito tutto e infatti ha già superato il confine e attende il momento della sua liberazione. A cui, come abbiamo letto prima, non seguirà il matrimonio ma invece la conversione, che avviene attraverso il battesimo di tutta la città.

Cosa rappresenta il drago di San Giorgio

Ci troviamo fuori dalle mura della città, in un terreno disseminato di ciò che resta dei pasti del drago. Sparsi nella terra arida e brulla vediamo resti di cadaveri, avanzi di scheletri e di ossa, di brandelli di corpi abbandonati. Una mandibola umana, il busto di una giovane donna dilaniata dal bacino in giù, un braccio a cui è attaccata una mano contorta. La morte e la devastazione sono ovunque.

In mezzo a tutto questo, il pittore inserisce serpenti che strisciano, grosse lucertole dalla bocca spalancata, rospi pronti a cibarsi dei cadaveri, avvoltoi in lontananza: elementi di un corteo funebre delle forze maligne.

Il drago non è solo il nemico di San Giorgio e quindi della cristianità che esso difende ma rappresenta anche l’animale fantastico che i soldati cristiani vedevano davvero, con i propri occhi, nelle battaglie contro i Turchi.

Questo perché i cannoni turchi-ottomani utilizzati all’epoca avevano una forma che ricordava quella di un serpente e la bocca simile a quella di un drago che sputava il fuoco che colpiva gli eserciti nemici. Era quindi immediato, per il veneziano dell’epoca, associare il drago al nemico infedele contro il quale aveva combattuto molte battaglie, che continueranno anche per gli anni successivi in una lotta sfiancante tra Venezia e la Sublime Porta.

San Giorgio e il drago, Vittore Carpaccio

 

 

Questo telero di San Giorgio e il drago si trova all’interno della Scuola Dalmata di San Giorgio degli Schiavoni, assieme a diverse opere del Carpaccio: le due che concludono l’avventura del cavaliere errante, e altre che rappresentano episodi della vita di San Trifone e di San Girolamo.

Sempre nello stile di questo artista, sono tutti quadri ricchi di particolari, capolavori di questo pittore originale con uno stile unico nel panorama degli artisti del suo tempo. Avremo la possibilità di ammirarli di nuovo quando la Scuola Dalmata riaprirà alle visite guidate.

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