I mosaici del pavimento della Basilica di san Marco

La Basilica di san Marco è uno scrigno di bellezza che racconta la storia di Venezia. Edificio antico e prezioso, realizzato quasi mille anni fa nel cuore della città, ci avvolge con la sua atmosfera orientale che parla dell’antica Costantinopoli e della sua influenza sull’arte della laguna veneta.

L’edificio infatti risale alla seconda metà dell’XI secolo, periodo in cui l’antica Bisanzio era ancora un punto di riferimento per l’architettura e l’arte ecclesiale veneziana. Fu quindi edificato secondo lo stile bizantino, con pianta a croce greca e cinque cupole, e decorato con mosaici che ricoprono le pareti, le cupole e il pavimento.

Il mosaico bizantino a Venezia

La tecnica del mosaico ha origini molto antiche: si diffuse nel mondo orientale tra il IV e il III millennio a.C. ma fu solo con i romani che si iniziarono a creare opere di grande raffinatezza. Si sviluppò poi durante l’Impero bizantino grazie al quale arrivò anche in Italia.

Prima a Ravenna, con quegli edifici straordinari come il Mausoleo di Galla Placidia, sant’Apollinare Nuovo, san Vitale e sant’Apollinare in Classe. Poi qui a Venezia, con la Basilica di san Marco che rappresenta uno degli esempi più alti di decorazione musiva in Italia. Qui troviamo sia mosaici realizzati con tessere vitree, a decorare le cupole, le volte interne e i sottarchi, sia mosaici fatti con tessere di marmo per ornare il pavimento.

Questo è una testimonianza straordinaria dello stile veneto-bizantino. Altri esempi meno conosciuti sono quelli delle chiese di san Zaccaria e di san Lorenzo, di cui oggi possiamo vedere solo alcuni lacerti, e quello della basilica dei santi Maria e Donato a Murano che invece possiamo ammirare il tutta la sua interezza. Il più antico però è quello della basilica di santa Maria Assunta a Torcello.

Proprio per questo cantiere infatti, arrivarono nell’area lagunare veneziana le maestranze provenienti da Costantinopoli e più in generale dalla Grecia bizantina, all’inizio dell’XI secolo, e che lavorarono poi alla terza basilica marciana, dando vita a quel clima artistico e culturale che influenzò la realizzazione dei pavimentazioni settili nelle epoche successive.

I marmi preziosi e lontani

Tralascio volontariamente il discorso sulle tessere di vetro prodotte localmente grazie alla presenza delle fornaci di Murano (ci tornerò più avanti per un articolo dedicato) e mi soffermo invece sui materiali utilizzati per i mosaici del pavimento della Basilica di san Marco.

Si tratta di materiale lapideo, cioè marmi e pietre utilizzati fin dall’antichità per la realizzazione di mosaici pavimentali grazie alle loro caratteristiche. Sono resistenti all’usura e agli agenti atmosferici, hanno una buona lavorabilità per cui possono essere levigati e lucidati, presentano una notevole varietà cromatica. Oltre ai marmi si utilizzano anche pietre di diversa formazione come alabastri, travertini e graniti.

Ciò che rende questo pavimento un vero e proprio capolavoro è la presenza di marmi rari e costosi, come porfido e serpentino, che vengono da paesi lontani: Egitto, Grecia, Cappadocia. Acquistati in loco ma più spesso bottino di guerra dei veneziani che nel Medioevo viaggiavano spesso in regioni dove questi materiali erano largamente disponibili.

La policromia è straordinaria, e l’accostamento e il contrasto di colori e di sfumature ci fa capire che la disponibilità di materiali di tinte diverse era vastissima. Una distesa colorata di tappeti e arazzi di pietra, uno più bello dell’altro.

Le dimensioni del pavimento musivo

Quanto è grande il pavimento musivo di san Marco? Sono esattamente 2099 i metri quadrati che formano questo enorme mosaico di marmo. Milioni di tessere di un’infinità di colori diversi che disegnano geometrie che possiamo osservare sotto i nostri occhi, camminando all’interno della basilica.

La maestosità del pavimento può essere meglio colta dall’alto della basilica, lungo il percorso che si sviluppa all’interno del Museo Marciano, che ci consente di ammirare la complessità del disegno nel suo complesso. Per realizzare questi mosaici sono state utilizzate due diverse tecniche artistiche: l’opus tessellatum e l’opus sectile.

Opus tessellatum

È la tecnica più antica, il cui nome viene dal latino tessela che significa tessera. I materiali utilizzati possono essere molto diversi: non solo marmi ma anche paste vitree, ceramiche, rocce, cotto. Si possono creare disegni geometrici ma qui è utilizzata per comporre figure di animali o piante.

Le tessere, le cui dimensioni non superano di norma i 2 cm di lato, sono solitamente quadrate, anche se possiamo trovarne a forma di triangolo, di esagono, di losanga, circolari e di altre figure geometriche che, variamente combinate ed unite fra loro, consentono di creare figure anche molto complesse.

Questi elementi, una volta tagliati con la martellina, sono disposti uno accanto all’altro su uno strato di malta che può fuoriuscire dai contorni delle tessere. Per questo non è necessario che queste siano definite con precisione infinitesimale, cosa necessaria invece per realizzare mosaici con la tecnica dell’opus sectile.

Opus sectile

Dopo il tessellatum fu messo a punto l’opus sectile, utilizzato per decorare i pavimenti ma anche le pareti murarie. Con questa tecnica si creano dei disegni geometrici sfruttando il contrasto cromatico dei vari elementi. Le tessere hanno forme triangolari, quadrate, esagonali, romboidali, losanghe e sono di varia grandezza. La maggior parte dei mosaici che decorano il pavimento della basilica di san Marco sono realizzati con questa tecnica qui.

La difficoltà della lavorazione con l’opus sectile sono due. I vari marmi utilizzati hanno caratteristiche diverse per quanto riguarda la durezza; inoltre le lastre di partenza possono avere diversi spessori. L’abilità dell’artista sta nel tagliare le tessere con estrema precisione perché queste devono combaciare perfettamente tra loro.

Essendo una delle tecniche più raffinate e prestigiose, sia per il costo dei materiali utilizzati che per la difficoltà di realizzazione, le pavimentazioni in opus sectile erano presenti sia edifici pubblici che in ambienti privati ed erano un chiaro segno di ricchezza e prestigio dei committenti.

Un pavimento a onde che ha quasi mille anni

La visita della Basilica di San Marco va fatta con i piedi. Non limitatevi ad usare solo gli occhi ma ascoltate ciò che sentite attraverso le vostre calzature. Concentratevi sulle onde che si alzano e si abbassano un passo dopo l’altro. Sotto di noi c’è un pavimento che si è dovuto adattare ad assestamenti che continuano da secoli.

È parte di uno degli edifici più antichi della città. Tutta la sua superficie è molto compromessa dall’uso, dall’umidità costante che avvolge ogni edificio di Venezia e dalle inondazioni dovute dovute alle alte maree, che provocano danni a causa del sale che si infiltra nelle strutture murarie e nelle malte dove sono infisse le tessere.

Richiede continui interventi di manutenzione e restauro molto complessi ma che per fortuna sono stati fatti rispettandone il disegno complessivo. Le operazioni effettuate dai restauratori sono molto complesse: bisogna smontare i tasselli, pulirli, sostituire quelli mancanti con materiale della stessa provenienza e colore.

 

Questo straordinario pavimento musivo si può ammirare assieme agli altri tesori di san Marco durante la visita diurna come pure nella visita serale della Basilica. Si tratta di una visita molto richiesta, e tra quelle che propongo è in assoluto una delle più suggestive. Se vuoi partecipare anche tu ricordati di iscriverti alla mia newsletter. Le visite riprenderanno appena possibile, ti aspetto.